Oppressione. Giustizia. Libertà. Queste le parole chiave per descrivere l’attuale situazione politica e sociale in Iran. Ma facciamo un passo indietro: sono ormai settimane che il popolo iraniano insorge e si ribella contro il governo, mettendone in dubbio la legittimità e inneggiando alla rivoluzione. La “goccia che ha fatto traboccare il vaso” è stata sicuramente la morte di Masha Amini, la ventiduenne arrestata e poi brutalmente uccisa dalla polizia morale per non aver indossato correttamente il velo. La polizia morale nasce circa venti anni fa, con l’obiettivo di salvaguardare l’integrità morale delle persone nella Repubblica islamica; tuttavia questo organo delle forze dell’ordine si è velocemente trasformato in un mezzo per diffondere terrore, accanendosi in particolar modo nei confronti delle donne, assicurandosi che il loro aspetto sia coerente con i principi islamici e le regole ufficiali per il codice di abbigliamento islamico, come l’hijab, riproponendo ancora una volta l’idea dell’uomo potente e libero di sottomettere la donna, anche in nome della legge.
La morte di Amini ha scatenato un’ondata di proteste che in poco tempo si è estesa dalle strade della capitale a quelle di altri paesi fino ad arrivare, negli ultimi giorni, nelle scuole superiori dove le studentesse hanno sfidato la dura repressione del regime. Ad oggi il numero delle vittime tra i manifestanti, dai giornalisti, agli studenti, ai lavoratori, uccisi dalla polizia morale continua a salire. Tra le giovani donne morte per la libertà ricordiamo la sedicenne Nika Shakaram, il cui corpo è stato rubato così da impedirne il funerale e Hadis Najafi, ventiduenne uccisa dalle forze di sicurezza a Karaj il 21 Settembre.

Un obiettivo comune
Uomini, donne, giovani, anziani, che nella loro diversità si stanno unendo per un obiettivo comune, la libertà. Difatti l’Iran ha alle spalle una storia di rivoluzioni e movimenti sociali da non sottovalutare, spesso guidati proprio da quelle voci apparentemente dimenticate e distaccate, precedentemente represse brutalmente, che però oggi risorgono dalle ceneri di nuovo con tutta la loro forza. Ad oggi gli iraniani chiedono un Paese libero dal dogmatismo religioso e politico, in cui prevalgano la dignità umana e la giustizia , dove tutti possano godere di una società equa e non discriminatoria, portano avanti una lotta alle oppressioni, al fondamentalismo religioso, alle discriminazioni e alla politica del terrore. “Donna, Vita, Libertà” è un movimento che nasce dalle donne, che reclamano a gran voce il diritto ad una vita normale, ma è anche un movimento intersezionale che riguarda i diritti di tutti.

“Donna, Vita, Libertà” riguarda anche il resto del mondo al di fuori dell’Iran, riguarda l’Europa e noi occidentali, per diversi motivi. Primo fra tutti, nessuno dovrebbe mai rimanere indifferente davanti ai diritti umani fondamentali calpestati in questo modo. Non possiamo far finta di niente mentre il governo iraniano nega ogni tipo di sopruso e allo stesso tempo evita la diffusione di informazioni e dati dall’interno, negando ai cittadini l’accesso ad Internet e sopprimendo tutti gli altri canali di comunicazione. Non possiamo restare indifferenti nel momento in cui centinaia di persone vengono private del diritto di esprimere la propria opinione e di manifestare per questa, nel momento in cui il governo non fa altro che reprimere nel sangue e nella violenza chiunque non lo appoggi, punendo i manifestanti con la morte. Non possiamo non sentirci coinvolti laddove per l’ennesima volta nella storia si cerca di legiferare sul corpo delle donne, privandole della possibilità e del diritto di scegliere ed autodeterminarsi.
E l’Occidente?
Tuttavia la nostra visione occidentale ci fa percepire (molto più spesso di quanto siamo disposti ad ammettere) queste realtà come molto distanti da noi, anche se sono notizie recenti quelle che riguardando nuove leggi sull’aborto negli stati uniti, paese sviluppato ed occidentale, che ritiene che sia giusto imporre le proprie scelte sul corpo delle donne. Oltretutto ciò che sta accadendo in Iran è stato spesso strumentalizzato, demonizzando il velo in sé, ed arrivando ad affermare che qualsiasi donna al mondo lo indossi lo stia facendo perché spaventata o oppressa, ma anche in questo caso non viene contemplata la possibilità che l’indossare il velo per alcune sia una scelta spontanea, dettata dalla fede.
Il fulcro del movimento femminista in Iran, ciò che lo rende così condivisibile da ogni individuo e così vicino anche al mondo occidentale, è proprio la volontà di battersi, e anche di sacrificarsi, affinché le generazioni future non debbano più subire un governo autoritario e violento, pronto a legiferare sui corpi altrui senza scrupoli, che limiti la libertà di espressione del singolo, fomentando invece odio, violenza contro il prossimo, che alimenti e giustifichi la volontà di una categoria di persone di imporsi sull’altro, ritenuto più debole, che neghi la possibilità di scegliere.
Nessuna persona è libera se ci sono degli oppressi.
La libertà passa per i diritti, e cosa sono i diritti se non la possibilità di compiere una scelta?